Quali sono i reparti in cui c’è più margine di crescita?
“Direi tutti. Per esempio la grafica riporta un’estetica che non è quella che andrà in produzione. Stiamo lavorando con il centro stile a delle modifiche di alcuni componenti delle sovrastrutture, stiamo lavorando a delle modifiche sul telaio, sull’affidabilità. Il motore ha l’estetica da moto di produzione, ma i componenti interni sono tutti prototipali. Finita la fase di sviluppo, che ci porterà via ancora qualche mese, inizierà quella dell’affidabilità. Per adesso siamo ancora nella parte di definizione tecnica della moto”.
Quanti esemplari esistono adesso?
“Pochi, perché sono in continua evoluzione. Prima di scendere in pista abbiamo fatto un grosso lavoro di analisi e di studio con progettisti e calcolisti, poi abbiamo messo la moto in pista, raccolto dati, pareri di vari piloti e, con questi feedback, stiamo lavorando alle evoluzioni. La fase di prototipo a cui siamo ora si contraddistingue dal fatto che la moto è un continuo laboratorio di sviluppo viaggiante e in ogni test che facciamo portiamo cose nuove. Per questo le moto sono poche e, prima di aumentare gli esemplari, dobbiamo definire alcune specifiche tecniche”.
I due aspetti caratterizzanti sono la distribuzione desmo e il telaio con cannotto fuso. Dal punto di vista ingegneristico, qual è il dettaglio più sfidante?
“Lo sono entrambi, per aspetti diversi, perché seguono delle filosofie costruttive indipendenti. Ma c’è un denominatore comune che è quello della ricerca della leggerezza. Il nostro approccio è quello di realizzare una moto che sia la più performante possibile e stabilisca un nuovo riferimento. Per fare questo uno dei pilastri fondamentali che è stato definito sin dall’inizio era quello della ricerca estrema della leggerezza. Quindi il motore con distribuzione desmodromica, pur essendo bialbero, è molto leggero anche se non posso dirti quanto. E anche il telaio è davvero molto leggero. All’inizio abbiamo dovuto valutare quale tipo di materiale utilizzare, se alluminio o acciaio e abbiamo dovuto fare delle prove, per trovare il giusto compromesso tra leggerezza e rigidità. Alla fine abbiamo scelto l’alluminio, con un processo di produzione inusuale. Un componente che nell’offroad non ha precedenti, che richiede una fase di progettazione e industrializzazione molto delicata e accurata, ma abbiamo anche partner tecnici giusti che ci stanno supportando in una maniera eccellente”.
Quali sono i vantaggi di avere le travi del telaio fuse con il cannotto di sterzo?
“Questo tipo di tecnologia ci dà un grosso grado di libertà per variare la rigidezza del telaio in maniera relativamente semplice. Trattandosi di componenti fusi possiamo intervenire sulle percentuali di anime che servono per fondere l’alluminio in determinati punti; metterlo dove serve e toglierlo dove non serve. Questa è la peculiarità che, dal punto di vista ingegneristico, ci ha convinto a perseguire questa strada”.